19 Settembre 2020

I bisogni ridisegnano la casa dei sogni

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Covid

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Immagine di Valeria_Aksakova

La pandemia ci ha costretto a guardare la nostra casa con occhi nuovi. Siamo passati da una abitazione che per molti era un dormitorio, ad una casa diventata rifugio, ufficio, sala riunioni, aula scolastica, talvolta quasi anche una sorta di multiproprietà, dove il concetto di privacy non era che un’illusione. In molti hanno sentito l’esigenza di avere una stanza in più, un terrazzo più spazioso, vicini più tolleranti o magari sempliceme un panorama migliore. Quello del lockdown è stato un periodo indubbiamente difficile per molti e vivere così intensamente la propria casa ha influito anche sullo stato psicologico delle persone.

 

Sentirsi a casa: un sogno o un incubo?
Se lo sono chiesti il Prof. Stefano Capolongo, con il suo gruppo di ricerca del Design&Health Lab, divisione del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente

Costruito del Politecnico di Milano, ed il Prof. Mario Amore, con il Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili (DINOGMI) dell’Università di

Genova. Da anni, la collaborazione fra questi due gruppi sta concentrando la propria attenzione sul rapporto tra ambiente costruito e salute. Tra il 12 e il 27 aprile 2020, periodo in cui il lockdown è stato pressoché totale, hanno realizzato un’indagine quali-quantitativa attraverso un questionario online su un campione di oltre 9.200 soggetti, allo scopo di valutare la presenza di disturbi depressivi, ansiosi, del sonno ed il loro stato di benessere psicofisico.

I risultati sono stati davvero interessanti ed anche un po’ inquietanti: per una persona su quattro, il lockdown ha portato all’insorgenza di sintomi ansiosi significativi, mentre ben il 12% degli intervistati ha ritenuto di aver sviluppato sintomi depressivi moderati o severi. L’ insonnia, in forma moderata-severa ha colpito ben l’8% del campione.

 

Qualità dell’abitare e risvolti psicologici
Se le donne sono state colpite per il 31% da stati di ansia moderata o severa, lo stesso disturbo ha colpito solo 17% degli uomini. Tuttavia, ciò che ha influenzato di più questo dato, pare siano state le caratteristiche delle abitazioni: infatti, ad esempio, il 14% di chi abita in una casa con superficie inferiore a 60 mq, ha sviluppato sintomi depressivi, contro l’8,5% di chi vive in condizioni analoghe, che non ha sviluppato alcun disturbo.

Ancora, dalle statistiche emerge con forza la relazione fra la qualità dell’abitare e gli stati depressivi, sviluppati per il 34% da chi abita in appartamenti scarsamente illuminati, poco isolati dal punto di vista termico/acustico e igrometrico, privi di opere d’arte o piante, e troppo piccoli o mal strutturati per garantire la privacy. Solamente il 13% di chi vive in queste condizioni non ha sviluppato alcun disturbo e, sempre secondo le statistiche, corre comunque quasi il doppio dei rischi di incappare in disagi psicologici rispetto a chi vive in abitazioni più comfortevoli.

Altro fattore di rischio importante, è stata l’assenza di balconi/terrazzi: nel 37% dei casi, chi ha un’abitazione senza spazi esterni abitabili è stata vittima di sintomi definiti severi, così come chi ha una vista scadente dalle proprie finestre (il 28% di chi affaccia su piazzali, terreni incolti, zone industirali, ecc., è stato vittima di disagi psicologici).

E lo smart working? Il 31,2% degli intervistati ha dichiarato che le proprie condizioni di lavoro sono sensibilmente peggiorate durante il lockdown e, secondo le proiezioni, proprio questi soggetti sono quelli che corrono un rischio quattro volte maggiore di sviluppare una depressione moderata o addirittura severa rispetto a coloro che non hanno subito contraccolpi o che addirittura ritengono di aver migliorato la loro condizione grazie al telelavoro.

 

Abitare nel futuro
Da queste ricerche possiamo facilmente intuire che il Coronavirus, non lascerà il settore immobiliare indifferente: l’offerta dovrà adeguare i prezzi alla percezione delle caratteristiche di alcuni immobili, ma dovrà variare sensibilmente anche il modo stesso di costruire: sarà necessario adattare la progettazione a queste nuove esigenze di consumatori che “rischiano” di vivere la propria casa molto di più. I nuovi spazi dovranno essere più duttili ed, in generale, molto più attenti al benessere psicofisico di chi ci vivrà.

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